RIVALUTIAMO IL CARNEVALE DAUNO
NEL SENSO DELLA TRADIZIONE
Finalmente, dopo tanti anni, è stato nominato l’unico vero presidente del Carnevale Dauno. Lo si è capito dal suo vestito serio-faceto e l’ampio mantello luccicante che ora il nostro Carnevale ha un degno rappresentante. Egli è l’emblema fatto persona, bisognerà nominarlo presidente a vita, finché morte non ci separi. E’ uno che se gli dite ch’è un pagliaccio vi risponde subito grazie, giacché è esattamente quello che si sente di essere.
Ebbene, nonostante questa felicissima scelta (lo dico senza ironia), vediamo che s’agitano tuttora vigorose proteste contro la Istituzione del Carnevale Dauno e contro il Comune. Ancora si lamenta la mancanza di spazi per preparare i balletti; l’insufficienza dei capannoni entro cui costruire i carri; i ritardi nell’assegnazione dei premi; il disordine organizzativo.
Come si può tenere viva una tradizione, se non si punta alla piena valorizzazione del lavoro della cartapesta; se non si stimola una maggiore originalità nel messaggio allegorico; se non vengono incentivate come meriterebbero le maschere singole, a coppie, a piccoli gruppi spontanei, che nel passato sono state l’essenza stessa del carnevale? Invece, si spendono pochi soldi per questi obiettivi e diecine di migliaia di euro per i soliti personaggi televisivi che nulla aggiungono alla festa, se non un senso di provincialismo. Sono queste le critiche.
Tuttavia, c’è un capitolo più doloroso che puntualmente si ripete. Il Carnevale riesce a portare a Manfredonia diecine di migliaia di persone da tutta la provincia ed oltre. Ma sembra che i nostri commercianti neanche se ne accorgano. Tutti i negozi, con grande beneficio per l’economia locale, dovrebbero essere aperti, spalancati, disponibili a ricevere i visitatori. E invece domenica scorsa chi avesse voluto acquistare, non dico le scarpe o capi di vestiario, ma una semplice trombetta; oppure avesse sentito il bisogno di un panino, se non di gustare le nostre farrate, così inutilmente pubblicizzate, non avrebbe potuto farlo, pur girando l’intera città ed il vicino borgo. Tutto chiuso, sprangato, inaccessibile, interdetto, off limits. Ma che bello, quale squisita accoglienza, che apertura mentale. Che tristezza!